Un histoire de famille

Sono nata in un epoca in cui i nonni facevano parte della vita dei loro nipoti contribuendo attivamente alla loro crescita.

Era l’epoca delle grandi scatole di bottoni in cui tuffavi le mani , l’epoca in cui le scatole in ferro dei biscotti diventavano un arcobaleno di colori..

Fin da piccola, ho il ricordo di mia nonna con qualche ritaglio di stoffa tra le mani.

L’immagine di lei, alla macchina da cucire, in fondo al corridoio intenta a riparare un paio di jeans di mio zio o a fare qualche piccola riparazione.

Avevo 4 o 5 anni e la macchina da cucire mi rendeva particolarmente inquieta, forse perché non avevo ancora ben compreso come mia nonna riuscisse a domare quell' ago che avanzava in una corsa impazzita.

Rimanevo incantata davanti alle sue mani che rapide lavoravano la lana con dei movimenti precisi e armoniosi. Lei trasformava un filo, come per magia, in sciarpe e maglioncini e mi cullava raccontandomi la storia della sua famiglia. Un aneddoto che ancora oggi lei ama raccontare con precisione estrema è quando accompagnava la mia bisnonna, madre di suo marito, e mio nonno, che con mani sapienti creava dal niente dei magnifici completi per la haute-couture di via Montenapoleone a Milano.

Maria Anna Perin in Feregalli_1951

« Quando aspettavo tuo zio – raccontava spesso – accompagnavo la nonna Marie a consegnare i tailleur per la presentazione delle nuove collezioni.

Andavamo direttamente negli appartamenti di questa famosa casa di moda per prendere le misure o per fare gli ultimi ritocchi agli abiti finiti e pronti per la sfilata.

Le modelle erano tutte giovani e di una bellezza mozzafiato, e la lingerie che indossavano era sempre molto curata. Ne avevamo meno, ma ci tenevamo moltissimo ».

 Mia nonna era sarta, come sua madre e la madre di suo padre, prima di lei. Lo era sua suocera e la madre di sua suocera prima di lei.. Nessuna di loro prese lezione per imparare il mestiere. La scuola costava troppo e nei primi del ‘900 non tutte le bambine avevano diritto all’istruzione. Era l’epoca in cui il lavoro si trasmetteva di padre in figlio come una sorta di eredità naturale. Un’ epoca in cui, saper fare qualcosa con le proprie mani era una grande richezza.

Mia nonna mi ha insegnato a fare la maglia. Abbiamo passato delle ore interminabili a disfare i maglioni fuori moda per recuperarne la lana. Ne tiravamo una quantità di lana in riccioli che in seguito rimettevamo in gomitoli da riutilizzare per farne maglioni o sciarpe o calzettoni per l’inverno.

I segreti dei punti. Come creare un bordo doppio per poter passare un elastico al giro vita; lei mi ha insegnato a creare dei modelli personalizzati e come contare i punti per fare i disegni dei miei maglioni. Poco prima che mi trasferissi definitivamente a Roma, passavo le ore di viaggio in treno facendo la maglia con i gomitoli che avevamo scelto insieme. Insieme, abbiamo creato alcuni dei modelli dei costumi di scena che indossavo quando ero ballerina professionista.

Oggi, non mi stupisco più quando, entrando nelle rare mercerie che ancora esistono, sento una specie di emozione, un’eccitazione quasi infantile, come fossi in un negozio di giocattoli o nel paese delle meraviglie. 

Un mondo che ha cullato la mia infanzia e quella di mia nonna e sua madre prima di lei;  desidero che anche mia figlia respiri questa magia, che anche lei si faccia cullare da questa emozione, che anche lei si senta come me parte di una tradizione centenaria di conoscenza.